Nuovi studi individuano interazione fra proteine che causano i tumori

Nuovi studi individuano interazione fra proteine che causano i tumori

Nuovi studi individuano interazione fra proteine che causano i tumori.

Nel primo studio sono stati individuati 548 geni coinvolti nell’evoluzione e progressione di 13 forme di tumori grazie ad una ricerca, guidata da Fan Zheng, dell‘Università della California a San Diego e dell’iniziativa Ccmi.

Mentre una seconda ricerca coordinata da Danielle Swaney, dell’Università della California a San Francisco e dell’iniziativa Ccmi, ha individuato 771 interazioni fra cellule dei tumori di testa-collo e cellule sane utilizzando una tecnica che potrà essere applicata per studiare la biologia di diverse forme di tumore.

Una terza ricerca, condotta da Minkyu Kim dell’Università della California a San Francisco e della Ccmi, ha studiato le interazioni fra 40 proteine coinvolte nel tumore del seno, individuando strumenti per l’analisi genomica del tumore e per future terapie.

I risultati sono pubblicati sulla rivista Science ed aprono nuovi percorsi per la realizzazione di nuovi farmaci e scoperte.

L’interazione fra proteine prodotte dai geni è alla base dello sviluppo e progressione dei tumori

Nella vasta ricerca per individuare le cause dei tumori, si è passati dal classificare la malattia sulla base dell’organo colpito, a focalizzarsi sui geni che la scatenano, fino a giungere adesso, a ricostruire la rete di interazioni fra le proteine prodotte dai geni coinvolti nei tumori.

Grazie alle tre ricerche dell’Università della California, è iniziato il processo conoscitivo che permetterà di scoprire i percorsi e i meccanismi che innescano i tumori.

I nuovi studi sono riusciti a creare per la prima volta, una specie di mappa che organizza in modo sistematico le mutazioni già note, intercettando le strade che favoriscono lo sviluppo della patologia. Si è così ottenuta una visione più chiara sulla rete di scambi che è molto più complessa rispetto alla precedente lista dei geni. Ciò consentirà di fare un identikit biochimico dei tumori e di poter mirare il bersaglio in modo più preciso con i farmaci.

“Identificare e consolidare queste vie e comprendere come la loro combinazione possa generare il cancro semplificherà la ricerca di terapie più efficaci”, osservano i biologi Ran Cheng e Peter K. Jackson, entrambi dell’Università di Stanford, commentando i risultati nello stesso numero della rivista.

Questa si può considerare una nuova svolta nella lotta ai tumori, che darà la possibilità di prevedere il percorso della malattia e di scegliere la terapia più adeguata con farmaci già conosciuti o con nuovi strumenti.

Mutazioni genetiche causano errori nei complessi proteici

I nostri geni contengono istruzioni per la costruzione delle proteine, che poi interagiscono con altre proteine, quasi sempre in grandi gruppi detti “complessi“. Questi complessi proteici spesso regolano un’attività o attivano o disattivano una funzione. Se il gene sottostante ha una mutazione, anche i complessi proteici risultanti la genereranno.

Queste mutazioni genetiche possono influenzare il modo in cui i complessi proteici risultanti svolgono il loro lavoro. Ad esempio, una particolare interazione tra due proteine ​​potrebbe essere cruciale per riparare il DNA danneggiato. Se la versione mutata di una di queste proteine ​​ha una forma diversa dal normale, potrebbe non interagire correttamente con l’altra proteina e il DNA potrebbe non essere riparato, portando al cancro.

Attualmente, c’è un piccolo numero di geni mutati che i medici considerano come biomarcatori – indicatori quantificabili, come la presenza di una particolare molecola, che denotano una condizione nel corpo – per aiutarli a determinare se un particolare farmaco antitumorale potrebbe beneficiare un paziente, dice il professore Trey Ideker dell’Università della California di San Diego.

“Il problema è che abbiamo trovato solo alcuni geni con cui possiamo lavorare in questo modo per aiutare a guidare la prescrizione di un farmaco approvato dalla FDA”, ha detto. “I nostri studi forniscono una nuova definizione di biomarcatori basata non su singoli geni o proteine, ma su grandi complessi multiproteici.

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